Benvenuto nel mondo de Il Giardino dei Semplici. Il tuo percorso ha inizio da qui: leggi il prologo (ti serve meno di un minuto) e scopri come tutto ebbe inizio, in quella fredda notte, il 4 ottobre 1498.

“Pane nero e miele.
Ora che il cuore batteva lento nel petto e il respiro si era fatto lungo e dolce come nel sonno, nella sua mente si stava facendo largo quel profumo, intenso, piacevole, che riusciva a coprire l’odore del sangue.
Quello sciocco aveva accettato la coppa di vino e adesso era morto. Perché mai avrebbe dovuto rifiutare? Forse non aveva nemmeno compreso appieno quello che stava accadendo.
Ciò che aveva scoperto.

A questo pensava mentre se ne stava ancora inginocchiato sul selciato, avvolto nel manto nero di quella notte amica. Muoveva la mano rapida incidendo carne e ossa, tracciando sulla pelle bianca dello sventurato linee che scintillavano di riflessi cremisi sotto un unico, pallido raggio di luna.
I suoi occhi saettarono verso le costruzioni a nord e oltre il pozzo a sud. Non c’era nessuno. Libero di proseguire, tornò ad ammirare la splendida opera d’arte che aveva appena portato a termine: là, al centro della nuca, poco sotto la massa di capelli corvini. L’avrebbe portata dietro con sé, se solo avesse potuto.

 

Forse quel contrattempo era un dono divino: avrebbe tenuto occupate le menti curiose e le bocche insolenti tanto quanto bastava, permettendogli di concentrarsi indisturbato sull’unica cosa che contava veramente.
Perché nascondere tutto? Ora tutti dovevano vedere.
Fece sparire il martello di pietra e il pugnale sotto il mantello scuro. Poi si alzò e si mosse verso la fitta macchia poco distante, con passi lunghi e leggeri. Un fiotto d’aria fredda rese i suoi sensi più acuti, e lui si fermò per inspirare a pieni polmoni.

Nulla si muoveva: persino il tempo sembrava essersi fermato a osservarlo. In quell’attimo realizzò che il disegno divino si stava finalmente dipanando davanti ai suoi occhi. Sì, Dio chiamava a sé il suo strumento, e lui era pronto. Quella notte avrebbe mosso l’ennesimo passo avanti verso il compimento della sua grande opera.
Osservò per alcuni, ultimi istanti il corpo ai suoi piedi, accanto al pozzo. Lo aveva reso perfetto.
All’improvviso si ricordò dell’altro. Il suo cuore tornò a dimenarsi sotto il costato e i suoi occhi si fecero lame sottili, mentre ordinava alle gambe di scattare.
La sua opera doveva essere vista: così aveva progettato Dio.
Ma quell’altro no. Quello era soltanto un ficcanaso.
E doveva sparire.”

Da Il Giardino dei Semplici